Le montagne hanno bisogno di noi (ed anche i pinguini)

L’emergenza Covid-19, in molti, ha acceso la speranza per un futuro più rispettoso dell’ambiente. L’ha detto l’economista della FAO Maximo Torero Cullen: «ll Coronavirus può evidenziare quali siano i bisogni del Pianeta Terra e quale spazio sia necessario lasciare alla natura. Dobbiamo capire che non siamo soli». In Italia il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, annuncia maggiori risorse a disposizione a favore del Green Deal per incoraggiare un vero e proprio cambio di paradigma.

Siamo pronti per una rivoluzione? Eh, già: il “cambio di paradigma”, ci insegna Thomas Kuhn, è un cambiamento nelle assunzioni basilari, un ribaltamento delle prospettive e delle visioni fino ad oggi recepite come abituali, quotidiane, automatiche. Siamo in grado di abbandonare un immaginario che plasma il nostro rapporto egemone con la Natura per ricostruirne, con fatica ed a nostro svantaggio, uno alternativo che ci lascia in disparte?

OLTRE L’ILLUSIONE

Da sempre, l’uomo proietta le caratteristiche fisiche e morali della propria specie sul mondo materiale esterno. È il meccanismo dell’antropomorfismo che ci porta a “normalizzare” la forza disorientante e cieca degli elementi naturali: come dominare la paura di fronte alla tempesta che squarcia il cielo di lampi? Come rendersi forti al cospetto della brutalità inarrestabile e mortale della valanga? Tradurre gli eventi in chiave umana ci rassicura, ci illude di poter avvicinare la grandezza dell’inumano con la nostra comprensione. Così è successo anche per la rappresentazione della montagna: ce lo mostra Fabrizio Ottaviani in “Cartoline. Le montagne antropomorfe” (disponibile a questo link: https://www.yumpu.com/it/document/view/3959541/di-fabrizio-ottaviani-cartoline-le-montagne-antropomorfe-ardiach).

Eiger, Monch e Jungfrau nell’iconografia alpina. Fonte: Fabrizio Ottaviani, “Cartoline. Le montagne antropomorfe”, Ardia.ch.

Ma cosa succede quando estremizziamo questa proiezione? Quando crediamo che il modello applicato sia l’unico valido? Cosa succede quando la realtà acquista valore solo col nostro intervento? La risposta, in queste letture della quarantena, ce la da Giacomo Leopardi. Il poeta più banalizzato dalla didattica, ma che – a rileggerlo – è un vero outsider, demolitore degli auto-inganni della civiltà. In primis il concetto di “naturale”:

Una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine, i fiumi stretti infra certi termini e indirizzati a certo corso, e cose simili, non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero naturalmente (Elogio degli uccelli – Operette morali).

L’emergenza collegata alla diffusione del Covid-19 pare averci rammentato l’originaria visione della natura come forza ancestrale, selvaggia, indomita alle costrizioni che perpetua se stessa indipendentemente dalle vicende umane: ecco allora ai tg i servizi dedicati alle volpi, ai caprioli ed alla fauna che riscopre gli spazi urbani. Ma siamo davvero disposti a farci indietro? Ci penso e mi cade sott’occhio lo slogan dell’ultimo comunicato stampa del CAI: “le montagne hanno bisogno di noi” postato su Facebook:

le montagne hanno bisogno di noi
Le montagne hanno bisogno di noi….e noi di loro (Fonte: Club Alpino Italiano, 2020).

E se non potessimo fare a meno di essere antropocentrici perché è il nostro modo di strutturare la realtà? Che fare? Potremmo renderci via via coscienti di questo nostro approccio. Potremmo imparare a riconoscere le conseguenze catastrofiche dell’egoismo e della volontà di pretendere e di imporci a tutti i costi. Potremmo… poi vedo servizi come quello andato in onda il 17 maggio 2020 al TG1 delle ore 20 e penso che la rivoluzione sia ancora lontana.

tg1 servizio pinguini museo
Pinguini degli zoo annoiati per la mancanza di visitatori. Rimetterli in libertà nel proprio ambiente? No, visita al museo.

Nel servizio di Francesca Capovani i pinguini, “annoiati” dall’assenza di visitatori allo zoo, vengono portati in gita al museo. Il giornalista sorride. E dietro agli schermi tutti gli spettatori della rete nazionale. Eh, già: i pinguini hanno proprio bisogno di noi. E anche le montagne, le spiagge, le foreste.

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