«La montagna è matrigna, ma – allo stesso tempo – è madre». Esordisce così Giulio Beuchod, Presidente del Collegio delle Guide Alpine del Piemonte, l’ente che ha curato l’organizzazione del convegno di presentazione della Carta Etica del Piemonte, giovedì 16 maggio 2019 a Torino. Un’immagine forte, ambivalente ed evocativa che ci aiuta a capire la complessità di questo importante passo istituzionale.
La Regione Piemonte ha infatti approvato un compendio di linee guida per incentivare la frequentazione consapevole dell’ambiente alpino in un’ottica di inclusione totale. La “montagna per tutti”, per coloro che ne fanno un mestiere (guide alpine, accompagnatori di media montagna, maestri di sci), ma anche per il vasto ed eterogeneo pubblico che vive le vette per godere i benefici dell’esperienza in natura. Quindi? Si tratta di smussare la ruvidità della montagna-matrigna per renderla accessibile? Stravolgerne la natura per adattarla alle nostre esigenze?
Assolutamente no. Piuttosto è necessario fermarsi a riflettere sulla montagna-madre che si spinge oltre al piano della sola fisicità, dell’essere roccia, terra, neve e ghiaccio. Esiste cioè una costruzione sociale e culturale dell’ambiente che dipende solo da noi. Insomma: non si tratta tanto (o soltanto) di porre strutture materiali (impianti, percorsi attrezzati, ecc.), quanto di proporre una sistema di valori – certo immateriali, ma non per questo inconsistenti.
Ce lo ricorda, ad inaugurazione della giornata, Marco Lavazza, esponente di una realtà in cui la Social Corporate Responsibilty non è solo un’etichetta vuota, ma una direttiva per agire concretamente. Lo testimonia la partecipazione all’associazione 2gheter Onlus di cui si è fatta portavoce Alessandra Bianco raccontando gli obiettivi raggiunti in sinergia con gli enti sul territorio. La cooperazione con le istituzioni, come illustrato dall’Assessore Regionale alle politiche sociali Augusto Ferrari, è stato indispensabile nello sviluppo di questo percorso.
Da dove nasce la Carta Etica della Montagna?
Si tratta di un documento approvato dalla Giunta Regionale il 1 febbraio 2019: il testo si può scaricare online (cliccando qui) ed integrare, da parte degli enti che vogliano farsi portavoce, nell’atto di adesione. Otto articoli, un contenuto condensato per un lungo lavoro. La Carta è infatti l’esito delle esperienze di Montagnaterapia, una rete che coinvolge cinque tavoli tematici (montagna e sport, amministrazioni pubbliche e risorse locali, sentieristica, parchi, rifugi) coordinati dalla Regione e CAI Piemonte.
Solo scartoffie? O strumenti operativi?
Mi guardo attorno, la sala è piena. C’è Silvia Balocco, gestrice del Quintino Sella sul Monviso, il rifugio che accoglie le salite di gruppi di persone provenienti da vari contesti, che vanno dal disagio fisico e psichico passando per la condizione di minori in comunità fino a quelle di essere richiedenti asilo. C’è Guido Rocci, portentoso portatore di joelette (la speciale carrozzella fuoristrada) del rifugio Les Montagnards di Balme. Ci sono guide alpine, maestri di sci, imprenditori, soci Cai e tante persone che non conosco, ma tutte impegnate a dare il proprio contributo, piccolo o grande che sia, per ridisegnare l’idea di inclusività.
Perché l’accoglienza al primo posto?
Diceva il filosofo Schopenhauer: “questo sei tu”. Siamo sempre pronti a differenziarci. Per individualismo, paura, superbia e mille altri motivi. Eppure siamo tutti egualmente sottoposti a quelle difficoltà che la vita ci pone. La montagna, come ben emerso dagli interventi che si sono susseguiti nella mattinata, ha forse il merito di livellarci tutti, ridimensionando la nostra grandiosità (tra l’altro oggi ingigantita dal “social ego” dei nuovi media). Come sottolineato dal moderatore del convegno, lo scrittore Enrico Camanni, la Carta Etica, lungi da ogni buonismo, è un passo di rottura degli stereotipi: nell’era dell’eroismo da tastiera – autocentrato – è un invito all’unione organica, diffusa, quasi eco-sistemica, delle forze in un coro di azioni collettive.
Costruire la montagna? O creare la montagna?
Viviamo un periodo storico di forte ripensamento del rapporto uomo-natura. Eclatante il caso Greta Thunberg, il successo delle campagne plastic-free ed il rinnovamento del pensiero ecologista in forme decisamente innovative (nello stesso giorno, a Milano, è stato presentato The Outdoor Manifesto). L’attenzione viene dirottata dalle esigenze dell’uomo ai diritti della Terra: è ancora lecito intervenire sull’ambiente per piegarlo alle nostre necessità? Di qui la contestazione a quelle costruzioni che non tengono conto dell’ambiente, né delle reali aspettative dei frequentatori, ma troppo spesso guardano solo al profitto economico di tali interventi. La presentazione della Carta Etica del Piemonte coincide con l’annuncio della realizzazione del percorso trekking a misura di portatori di handicap in Val di Mello contestato da una petizione che ha raggiunto 56.000 firmatari (dato aggiornato al 16.04.2019).
Si polemizza l’accessibilità? No, si pone l’attenzione sul fatto che, anzitutto, sia assolutamente necessario abbattere le barriere architettoniche negli spazi di tutti i giorni (lavoro, scuola, sanità, trasporti, ecc.). Poi si focalizza sul principio di ragionevolezza: l’aspettativa di chi ha difficoltà non si traduce in una pretesa, ma in una domanda a cui possono dare risposta anzitutto le comunità.
Attrezziamo piuttosto il parcheggio di fondovalle, dotiamo il Comune di pulmini attrezzati, aiutiamo la locanda il Gatto Rosso ad avere servizi attrezzati per disabili o sistemiamo il campeggio, ma non spostiamo massi, non lisciamo il terreno per chi vuol tastare ciò che non vede, per chi vuole muoversi in un ambiente incontaminato guidato dai rumori della natura, per chi vuole spingere la sua carrozzina un po’ più in là e magari con l’aiuto degli amici ancora più in là e ritrovarsi dopo un po’ di fatica ad aver conquistato il suo spazio in mezzo alla natura (lettera aperta di Luca Verri, responsabile dei servizi sociali del comune di Sondrio).
Una struttura, esattamente come una vetta, è un oggetto che vive della collettività che sa animarla. Ce lo dicono, a chiusura del convegno Samuele e suo papà Andrea, co-campioni di sci alle ultime edizioni dei giochi Special Olympics di Bardonecchia: non si tratta di costruire nuovi percorsi, ma di creare comunità che li percorrano insieme, ognuno al proprio passo.